Metodologia HOP
Se anche solo una volta sei andat* a una gita scolastica in un museo, è probabile che tu abbia sperimentato la sensazione di ascoltare una guida turistica cantilenare leggendo da un opuscolo, o ripetere meccanicamente la sua lezione indicandoti questo e quello.
Forse ti sei annoiat*. E forse ti sei anche chiest*: “boh, magari sono io, non capisco perché questa roba sia interessante“.
Diamo per scontato che le informazioni storiche che ricevevi dalla guida sugli oggetti in bacheca, sui personaggi, sugli eventi, ecc. fossero tutte corrette e fattuali. Allora perché era così difficile per te prestare attenzione, e interessarti a queste informazioni?
Probabilmente, dopo la visita, la noia ha preso il sopravvento e non ci hai mai riflettuto per un solo minuto dopo che era finita. Ma pensaci ora: cosa rende così noiosa una visita guidata in un museo?
E, al contrario, cosa rende un bel tour guidato così bello?
Perché alcune persone vivono momenti di noia insopportabile in luoghi storici famosi e importanti come la Tour Eiffel, o il Colosseo, e altri invece si portano a casa bellissimi ricordi dalle rovine di un castello in mezzo al nulla?
Questa è l’ambizione della nostra METODOLOGIA HOP: cercare di definire il perché.
Il nostro obiettivo principale è avvicinare quante più persone possibile alla storia, coinvolgendole e lasciando che sperimentino quanto possa essere d’impatto, bello e significativo esserne trasportati. In tal modo, vogliamo contribuire a cambiare il modo in cui la storia viene comunicata ai visitatori locali e stranieri, creando e implementando una metodologia di progetto che combina ricerca scientifica, narrazione e performance.
I tre pilastri
- VERITA’ SCIENTIFICA. Per fornire un’esperienza nel campo del patrimonio culturale che sia quanto più informativa e istruttiva per gli utenti finali, è necessario il più alto tasso di accuratezza possibile, in termini di prove fattuali e di interpretazione scientifica, sul passato.
- STORYTELLING. Per fornire un’esperienza che sia anche coinvolgente per chi la vive, è necessario creare narrazioni che consentano all’utente in primo luogo di stabilire una connessione con gli esseri umani che hanno vissuto nel passato.
- USER EXPERIENCE (UX). Per fornire un’esperienza che sia anche di impatto, è necessario che le esperienze tengano conto delle caratteristiche dell’utenza prevista, che siano create con competenza e attenzione intorno ad essa.
Le buone pratiche
All’interno del progetto HOP, nel tentativo di contribuire a innovare il modo in cui la storia viene comunicata e il patrimonio culturale viene percepito, abbiamo coinvolto ciascuno dei quattro partner in una serie di discussioni, opinioni condivise e raccolte di idee su come raccontare meglio la storia nei musei, negli eventi culturali e nelle mostre storiche.
Abbiamo toccato con mano, durante le quattro visite studio, i diversi livelli di verità scientifica, storytelling e attenzione alla user experience di tantissime esperienze legate ai beni culturali.
Abbiamo utilizzato questionari online e videochiamate per indagare su come il patrimonio culturale viene trattato e considerato nei nostri paesi partner, con quali gruppi di pubblico specifici lavoriamo solitamente, quali strumenti di coinvolgimento sono preferiti dai siti del patrimonio culturale e il tipo di storie che riteniamo possano avere maggiore risonanza. i nostri visitatori, in relazione ai monumenti e ai siti storici locali.
Sulla base delle informazioni raccolte, abbiamo iniziato a lavorare su questo Manuale, mantenendo un forte atteggiamento cooperativo durante l’intero processo.
L’impatto di questo Manuale sul nostro lavoro è stato significativo, fungendo da straordinario strumento per dimostrare come la cultura può unire persone con background e competenze diverse e creare cambiamenti positivi e tangibili nel modo in cui viviamo il nostro comune patrimonio europeo.
Il risultato di questo percorso è il nostro MANUALE DELLE BUONE PRATICHE, che potete scaricare da qui.
Non è una metodologia per tuttologi
Per comprendere l’importanza della cooperazione nel settore dei beni culturale, potrebbe essere utile considerare il ruolo del linguaggio come evidenziato dal famoso filosofo Ludwig Wittgenstein.
L’analogia “Portami una lastra!” è un esperimento di pensiero che Wittgenstein usa nelle sue Ricerche filosofiche (1953) per illustrare il modo in cui il linguaggio e il significato sono fondati sulle attività pratiche, quotidiane e sociali. In questo esperimento di pensiero, Wittgenstein descrive un semplice linguaggio fittizio, che egli definisce come “gioco linguistico”, usato dai costruttori nel loro lavoro. Il linguaggio consiste in parole come “lastra”, “blocco”, “pilastro”, “trave”, e i muratori usano queste parole per comunicare tra loro durante la costruzione di un edificio.
Il muratore A, che ha bisogno di un tipo specifico di pietra, potrebbe gridare al suo assistente B: “Portami una lastra!” Udendo questo, l’assistente B selezionerà la pietra appropriata e la porterà al muratore. Secondo Wittgenstein, questo semplice atto di comunicazione usando le parole come strumenti dimostra la natura essenziale del linguaggio: si tratta di un mezzo pratico e dipendente dal contesto per coordinare le azioni tra individui.
Presentando questa analogia, Wittgenstein ha sfidato la visione tradizionale del linguaggio come un sistema puramente rappresentativo, dove le parole sono solo etichette per oggetti o concetti “ideale”. Invece, afferma che il linguaggio è fondamentalmente radicato nei contesti sociali e pratici in cui viene utilizzato. Il significato delle parole non è fisso o indipendente; nasce dal modo in cui vengono impiegati all’interno di attività specifiche e pratiche sociali.
Il patrimonio culturale, nella maggior parte dei casi, è direttamente gestito o controllato da enti pubblici, caratterizzati da risorse limitate, vincoli finanziari, procedure burocratiche e ingerenze politiche. Questi fattori creano un ambiente complesso in cui può essere davvero difficile anche per le istituzioni ben intenzionate fornire quell’esperienza utente informativa, coinvolgente e di impatto che noi vogliamo.
Il loro affidarsi al solo personale interno, fatto di professionalità spesso istruite e formate per svolgere compiti ben diversi da quelli che sono necessari per il nostro obiettivo, o alla contrattualizzazione di fornitori attraverso appalti pubblici, ha fin qui prodotto lo stesso risultato di gridare “portami una lastra!” e vedersi arrivare un pilastro.
Se accettiamo, da una parte, che le molteplici capacità e competenze richieste per aderire con successo ai tre principi e svolgere le relative missioni sono difficilmente riscontrabili in un’unica organizzazione media nel settore dei Beni Culturali; e, d’altra parte, che gli appalti pubblici non possono risolvere questo tipo di problema, poiché i fornitori di beni e servizi sono pagati per dare al pubblico esattamente ciò che chiede, dovrebbe essere chiaro quale sia la soluzione che proponiamo.
Per superare queste sfide e migliorare l’esperienza degli utenti finali, riteniamo che una possibile soluzione per le istituzioni culturali sia quella di adottare un vero e proprio approccio cooperativo, creando partenariati pubblico-privato (PPP) con altre organizzazioni nei settori profit e no profit.
Collaborando (non “pagando”, non “guidando”, non “manovrando”… collaborando) con altri attori guidati da missioni che non sono la conservazione, il restauro e l’educazione al patrimonio culturale, come ad esempio imprese, ONG e università, le istituzioni pubbliche possono mettere in comune le risorse, ridurre le ridondanze e condividere competenze e risultati creando un terreno comune.
Ciò porterebbe ad un uso più efficiente dei fondi pubblici, a un migliore accesso alla tecnologia e a una maggiore profondità di conoscenze ed esperienze che possono essere integrate nello sviluppo di iniziative culturali incentrate sugli utenti, e non su narrative localistiche o nazionalistiche.
Ora dovrebbe essere chiaro perché abbiamo tirato dentro Wittgenstein: un linguaggio comune — sotto forma di terminologia condivisa, contratti e accordi chiari, dialogo professionale, condivisione di idee, risorse e risultati — ci sembra una componente cruciale di una cooperazione efficace.
Crediamo che le istituzioni del patrimonio culturale dovrebbero dire “portami una lastra!” e avere una lastra consegnata loro. E, al contrario, che quando sentono gridare “portami un pilastro!” dagli utenti, dovrebbero essere in grado di selezionare e fornire loro un pilastro.
Il linguaggio burocratico che gli enti pubblici solitamente usano non aiuta molto in questo senso, in quanto li porta a capire che l’utente “deve aver bisogno di un blocco“, in quanto nel magazzino ci sono solo blocchi.
Un nuovo strumento per cooperare
L’HOP Canvas è uno strumento di pianificazione strategica progettato per aiutare le istituzioni, le squadre e gli individui del patrimonio culturale a sviluppare e implementare progetti, attività ed esperienze innovativi e coinvolgenti relativi al patrimonio culturale, seguendo la metodologia HOP. Modellato su Business Model Canvas, Project Canvas e altri strumenti simili, HOP Canvas fornisce un quadro visivo per esplorare e definire gli elementi chiave e le relazioni coinvolte nella creazione di un’esperienza utente mirata al patrimonio culturale che sia informativo, coinvolgente e di impatto.
Lo abbiamo progettato per essere uno strumento flessibile e adattabile, che può essere utilizzato in vari contesti e per scopi diversi, come lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi, il miglioramento di quelli esistenti, o la definizione di strategie e politiche più ampie. È anche uno strumento prezioso per promuovere il dialogo e la collaborazione tra le istituzioni del patrimonio culturale e altri attori, contribuendo a costruire fiducia, comprensione reciproca e obiettivi condivisi.
Può essere utilizzato come base per workshop e discussioni in team incentrate sulla pianificazione strategica, il brainstorming e la risoluzione dei problemi. Creando una rappresentazione visiva del modello di business o del progetto, i membri del team possono impegnarsi più facilmente in queste discussioni e fornire un contributo prezioso.In questo modo, team e organizzazioni possono utilizzare questi strumenti per fare brainstorming e generare nuove idee. Visualizzando diversi componenti in modo strutturato, i membri del team possono pensare in modo critico ai diversi aspetti di un’esperienza utente mirata al patrimonio culturale. Possono anche identificare rapidamente le lacune nei loro attuali prodotti, servizi o piani di progetto e cercare opportunità per migliorare.
L’HOP Canvas può anche contribuire a garantire che tutti i membri del team abbiano una comprensione condivisa del progetto, dei suoi obiettivi e delle strategie per raggiungerli. Questo allineamento è fondamentale per promuovere la collaborazione e garantire che tutti lavorino per raggiungere gli stessi obiettivi.
I team possono anche utilizzare questi strumenti per dare priorità e assegnare vari aspetti del loro progetto all’interno del team e prendere decisioni su dove allocare le risorse e concentrare gli sforzi. Ciò aiuta a garantire che i componenti più critici siano affrontati e che il team lavori in modo efficiente.
Lo strumento può anche essere utile per comunicare un nuovo progetto agli stakeholder esterni, come potenziali investitori, partner o clienti. La rappresentazione visiva facilita la comprensione e fornisce una chiara panoramica dell’intero concetto.
Infatti, il nostro strumento è progettato per essere flessibile e può essere facilmente aggiornato man mano che il team apprende di più sui diversi aspetti coinvolti. È uno strumento vivente. Questa adattabilità consente ai team di iterare e migliorare continuamente il loro modello di business o il loro piano di progetto sulla base di feedback ed esperienze reali.